L’importanza del regime di irrigazioni nel Dry garden: focus sulla sub-irrigazione

Con il termine Dry garden si intende un giardino a basso fabbisogno idrico. Il termine ‘basso’ non implica la totale assenza di acqua – che sarebbe ovviamente impossibile, perché senza acqua non c’è vita. Anche nei giardini a basso fabbisogno idrico può essere necessaria l’irrigazione. Ma si tratta di un processo diverso e da attuare con differenti modalità e solo in caso di soccorso.
  1. Perché le piante hanno bisogno di irrigazione
  2. Il regime di irrigazione
  3. L’apporto idrico ritardato
  4. La sub-irrigazione dei prati a basso fabbisogno idrico

Perché le piante hanno bisogno di irrigazione

Fino a qualche anno fa, l’irrigazione di piante e alberi autoctoni di un luogo non era necessaria, poiché boschi e foreste avevano vissuto per milioni di anni nello stesso clima, divenendo resilienti e in grado di sopravvivere senza alcun intervento esterno. Oggi, purtroppo, in molti casi non è più così. I bruschi cambiamenti climatici hanno portato le piante di alcuni ambienti mediterranei a seccarsi a causa della siccità divenuta ormai cronica.

Noi di BotanicalDryGarden lo sperimentiamo quotidianamente sul nostro territorio. Qui, in centro Italia, non si ricordano periodi piovosi prolungati da almeno 40 anni. Affinché l’acqua penetri in profondità, sono necessari molti giorni di pioggia lieve ma ininterrotta, qualcosa che accadeva nei mesi autunnali alcuni decenni fa, e che oggi sembra impossibile.

Il regime di irrigazione

Sia la piantagione di nuovi giardini, sia la ristrutturazione di quelli già esistenti, per comodità e, soprattutto, per non rischiare di perdere il lavoro fatto, dovrebbero prevedere un impianto di irrigazione. L’argomento sulla quale vogliamo focalizzarci è la quantità di acqua da utilizzare e su come effettuare le irrigazioni.

Le prime fasi dopo la piantagione sono le più delicate, soprattutto se essa è stata effettuata in primavera. In questo periodo, le piante, non ancora bene affrancate, dovranno affrontare l’estate calda e siccitosa senza poter contare su un apparato radicale diffuso e profondo dal quale trarre nutrimento e idratazione. Per questo, il periodo di piantagione fa nettamente la differenza, e se non si ha acqua a disposizione, l’unica alternativa è il trapianto autunnale. In questo caso, la classica scodella attorno alle piante appena messe a dimora è l’unico strumento che consente interventi irrigui di soccorso, cospicui e precisi, da ripetere ogni volta sia indispensabile. Particolare importanza, naturalmente, la riveste il tipo di terreno sul quale si opera. Terreni tenaci e tendenzialmente argillosi richiedono minori quantitativi di acqua, quelli sabbiosi e sciolti, invece, richiedono molta più attenzione.

Anche la pacciamatura ha un ruolo strategico importantissimo. Coprire il terreno nelle immediate vicinanze della pianta con uno strato di materiale organico (cippato, corteccia, paglia, fieno ecc.) aiuta, oltre che nel controllo di molte infestanti, anche e soprattutto nel risparmio idrico. Le nostre realizzazioni prevedono anche pacciamature con materiali inerti come ciottoli, ghiaino e simili, che per alcuni tipi di piante sono più indicati di quelli organici.

L'apporto idrico ritardato

La tecnica più importante per abituare la piante a essere autonome è l’apporto idrico ritardato. Esso consiste nel non irrigare gli arbusti e le piante appena presentano i primi sintomi di carenza idrica, ma di attendere fin quando è possibile, per poi somministrare un grande quantitativo d’acqua in un’unica soluzione.

Questo simula un’abbondante pioggia di 20-30 mm che favorisce lo sviluppo sotterraneo delle radici, indotte a seguire l’umidità in profondità. Ovviamente, è possibile metterla in pratica solo in presenza di una buona permeabilità del terreno, che si ottiene, generalmente, con lavorazioni iniziali molto profonde.

Invece, le irrigazioni frequenti con poco volume di acqua, favoriscono lo sviluppo superficiale delle radici, e le piante rischiano di andare facilmente in stress appena mancherà acqua per poche ore. Per questo, l’uso di impianti a goccia va valutato e modulato molto bene, usando sempre la stessa tecnica di irrigazione: molte ore, molto di rado.

La sub-irrigazione nei prati a basso fabbisogno idrico

Un’attenzione particolare va riservata all’irrigazione dei prati. Le nostre varietà di prati alternativi al classico inglese sono tappezzanti calpestabili, rustiche e tipicamente aridoresistenti che necessitano della stessa tecnica di irrigazione degli arbusti: molto abbondante, molto raramente. A parte nella fase iniziale dopo l’impianto, che richiede pochi millimetri di acqua più spesso.

Con i prati alternativi, non ci sono grandi opportunità di scelta: si può optare tra impianto per aspersione e impianto a goccia in sub-irrigazione. La nostra esperienza ci porta sempre più spesso a ricorrere al secondo, specialmente per piccole superfici e in assenza di ungulati.

La presenza di cinghiali e di altri animali selvatici, infatti, non è per nulla compatibile con pettini di ali gocciolanti interrate a poca profondità. I tubi di ultima generazione, con gocciolatori interni anti-intrusione radicale, disposti ogni 30-40 cm l’uno dall’altro in profondità di 8-10 cm, assicurano una copertura perfetta della superficie, permettono un ulteriore risparmio d’acqua e, soprattutto, rendono più confortevoli le zone irrigate, non dovendo più spostare gli arredi e potendo fruire degli spazi anche a irrigazione in atto. Inoltre, l’assenza di umidità superficiale rappresenta un grande vantaggio anche nel controllo delle larve di fastidiosi insetti.

L’unico accorgimento consigliato, in questo caso, riguarda la qualità dell’acqua: prima di decidere per questo tipo di soluzione, è utile far valutare l’acqua, per evitare eventuali intasamenti che renderebbero inutile tutto il lavoro fatto. Assicurato questo aspetto, però, la sub irrigazione resta la scelta più funzionale per i prati a basso fabbisogno idrico.